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Radole, Giuseppe
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Giuseppe Radole nasce a Barbana d’Istria il 6 febbraio 1921. Nel 1932 entra nel Seminario di Capodistria, dove conseguirà la maturità classica. Inizia anche a coltivare la sua passione per la musica, tanto che già a quattordici anni può dirigere la corale del Seminario.

Inizia anche a coltivare la sua passione per la musica, tanto che già a quattordici anni può dirigere la corale del Seminario. Intrattiene pure una breve corrispondenza con Raffele Casimiri, che lo incoraggia a proseguire, e si avvicina, per lo studio dell’armonia, al maestro chersino P. Bernardino Rizzi, geniale compositore di musica sacra e sinfonica. Nel 1940 passa, per la formazione teologica, nel Seminario Centrale di Gorizia. Ma già l’anno dopo rientra a Capodistria come assistente e con mansioni di direttore di coro, iniziando la sua decisiva formazione musicale. Può, infatti, recarsi a Trieste alla scuola di composizione di Antonio Illersberg e a quella di pianoforte e canto gregoriano di Carlo Tomé. Le difficoltà incontrate dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 lo portano nel Seminario di Vicenza, dove conosce e frequenta mons. Ernesto Dalla Libera, personaggio eccezionale, e, l’allora giovanissimo suo nipote, Sandro, col quale manterrà fecondi rapporti di collaborazione. Ma la guerra, con i suoi martellanti bombardamenti, fa chiudere il Seminario vicentino ed egli rientra a Parenzo, dove nel 28 maggio del 1944 viene ordinato sacerdote per mano del vescovo Radossi. Dopo una breve permanenza a Parenzo, viene trasferito a Visinada. Studiare musica in anni come quelli, in un’Istria tagliata fuori dal mondo, era un’impresa eroica. Funzionavano, come potevano, solo le poste, del cui servizio usufruisce per inviare i suoi compiti a Illersberg, mentre per le lezioni di pianoforte approfitta del maestro Augusto Zuliani di Parenzo. Così sino all’annessione dell’Istria alla Jugoslavia. Per finire gli studi e per sostenere gli esami al Conservatorio é costretto a lasciare la sua terra (aprile 1947), trasferendosi a Trieste. Viene assegnato alla parrocchia di Sant’Antonio Vecchio, con l’obbligo di occuparsi del coro. Dopo l’esame del corso medio di composizione (autunno 1949), essendo Illersberg impegnato nell’allestimento del suo Trittico, passa alla scuola di Vito Levi, che lo accoglie affettuosamente preparandolo al diploma di composizione, sostenuto brillantemente, sotto la presidenza di Franco Alfano (ottobre 1950) nel conservatorio di Pesaro. In quello stesso anno inizia ad insegnare nel nuovo Seminario di Trieste e nella Scuola Diocesana di musica sacra. Nell’estate del 1952 frequenta l’Accademia Chigiana di Siena nel Corso di perfezionamento tenuto da Vito Frazzi e F. Lavagnino.

Ha così inizio, incoraggiato dagli ambienti musicali triestini, l’attività di Radole come compositore e musicologo. Luigi Toffolo esegue la sua Missa “Credo in unum Deum” a 4 voci ed organo, che ottenne una critica assai favorevole da parte di Vittorio Tranquilli. Nel 1958 vince il primo premio ad un concorso della Società di Minerva con uno studio sulla musica a Trieste nel Cinque e Seicento. S’interessa pure del liutista Giacomo Gorzanis, sul quale tiene una relazione a Vienna, in occasione del “Mozartjahr” nel 1955 e che in seguito lo porterà a scrivere un fortunato manuale su Liuto, chitarra e vihuela (1979) tradotto in spagnolo (1982) e riedito nel 1986. A Vienna riscuote la stima di alcuni musicologi lì presenti, come Guglielmo Barblan, che lo invita a collaborare per le voci triestine dell’Enciclopedia Ricordi. Negli anni Ottanta scriverà alcune voci per il Dizionario Biografico degli Italiani e per l’Enciclopedia tedesca M.G.G.

In occasione del Congresso di musica sacra di Parigi (1957) fa amicizia con Siro Cisilino della Fondazione “G. Cini” di Venezia. Conosce pure Pellegrino Ernetti e Giuseppe Biella, che lo invitano a scrivere, il primo, sulla rivista “Jucunda laudatio” e, il secondo, su “Musica Sacra” di Milano. Prende ancora ad occuparsi di organologia in seguito alla conoscenza del trentino Renato Lunelli, il più autorevole organolo italiano, che l’esorta a fare delle ricerche sugli organi in Istria e a Trieste, ricerche che sfociano in una serie di saggi prodotti per la rivista “L’Organo” e poi raccolti in due volumi separati.

Nel 1957 entra nel Conservatorio di Trieste come insegnante di armonia: ne uscirà per limiti di età nel 1986. Anche il folklore istriano occupa una parte essenziale nella ricca produzione di Radole. Il celebre folklorista e professore all’Università di Roma Toschi include nella prestigiosa collana di “Lares” due massicce raccolte di Canti popolari istriani, che riscossero le lodi dell’indimenticabile Giuseppe Vidossi. Più tardivo l’apprezzamento di due antologie di “Fiabe istriane”. Ebbe invece un alto gradimento la rubrica “Parola data no torna più indrio” di proverbi istriani, messa in onda da Radio Trieste, come pure la serie di canti popolari istriani, in veste corale. Apprezzati anche i molti articoli folkloristici “Lunario istriano”, usciti sulla “Voce Giuliana”. Nel 1984, stampato da Zanibon di Padova, esce uno studio sulla letteratura organistica, che non ha eguali in campo nazionale, e di cui sta per uscire, presso Carrara di Bergamo, la seconda edizione. Seguono altre opere sulla Cappella Civica, sulle Scuole musicali a Trieste, due volumi sulla vita musicale triestina dal 1750 ai nostri giorni.

Nel 1968 il Comune di Trieste affida a Radole, su designazione di Luigi Toffolo, la direzione della Cappella Civica di San Giusto, lasciata al 65° anno di età. Per la Cappella egli compone molte musiche, librandosi tra canto gregoriano e musica contemporanea; concerta e dirige una vastissima rosa di opere attinenti al repertorio sacro, dal canto gregoriano a Palestrina, Lasso e Hassler, per seguire con lavori del Settecento, Albrechtsberger, Haydn, Mozart, dell’età romantica Cherubini, Liszt, Franck, Bruckner, Dvorak per concludere con i moderni e contemporanei Janacek, Kodaly, Britten, Langlais. Non ha dimenticato neanche i maestri locali: Zuccoli, Toniutti, Tomé, Viozzi, il quale, in particolare, gli scrisse la Messa Santa Eufemia (1980). Di quest’ultimo, per onorare una lunga amicizia, ha scritto la biografia, pubblicandone pure un’antologia di scritti. A Radole si deve il restauro dell’organo di San Giusto (1956) sul quale, nell’ambito del Settembre Musicale Triestino si continua a tenere una serie fortunata di concerti organistici. Spesso é stato chiamato a far parte di Giurie di concorso, come nel 1962 al Concorso internazionale di canto corale “C.A. Seghizzi” di Gorizia, del quale é stato per molti anni anche membro della Commissione artistica, svolgendo anche delle relazioni per i Convegni che lo affiancano.

Sue musiche sono state pubblicate dalla Casa editrice Carrara di Bergamo, dalla Casimiri di Roma, dalla AISC di Roma, dalla Musica Sacra di Milano, dalla A. Bank di Amsterdam, ecc. Sono state altresì pubblicate molte trascrizioni di musiche: Valerj, Spergher, Pescetti, Antico, Geminiani, ecc. Nel 1987 gli viene conferita l’onorificenza di cavaliere al merito della Repubblica Italiana, mentre il Comune di Trieste, nel 1993, per meriti culturali e musicali, gli assegna il Sigillo Trecentesco. Ancora oggi, don Radole continua, con buona lena, a lavorare sui temi da sempre a lui cari: musica e folklore.

Giuseppe Radole… in un fortunato saggio dedicato alla chitarra scrive:”…la chitarra risulta in definitiva uno strumento vivo: entra a far parte degli strumenti che si studiano nei conservatori, dove si preparano nuove generazioni di interpreti, e d’altra parte continua a godere del favore di molti dilettanti, per sostenere il canto popolare o accompagnare la danza”.

Radole si spense a Trieste il 1° dicembre 2007.

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Giuseppe Radole nasce a Barbana d’Istria il 6 febbraio 1921. Nel 1932 entra nel Seminario di Capodistria, dove conseguirà la maturità classica. Inizia anche a coltivare la sua passione per la musica, tanto che già a quattordici anni può dirigere la corale del Seminario.

Inizia anche a coltivare la sua passione per la musica, tanto che già a quattordici anni può dirigere la corale del Seminario. Intrattiene pure una breve corrispondenza con Raffele Casimiri, che lo incoraggia a proseguire, e si avvicina, per lo studio dell’armonia, al maestro chersino P. Bernardino Rizzi, geniale compositore di musica sacra e sinfonica. Nel 1940 passa, per la formazione teologica, nel Seminario Centrale di Gorizia. Ma già l’anno dopo rientra a Capodistria come assistente e con mansioni di direttore di coro, iniziando la sua decisiva formazione musicale. Può, infatti, recarsi a Trieste alla scuola di composizione di Antonio Illersberg e a quella di pianoforte e canto gregoriano di Carlo Tomé. Le difficoltà incontrate dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 lo portano nel Seminario di Vicenza, dove conosce e frequenta mons. Ernesto Dalla Libera, personaggio eccezionale, e, l’allora giovanissimo suo nipote, Sandro, col quale manterrà fecondi rapporti di collaborazione. Ma la guerra, con i suoi martellanti bombardamenti, fa chiudere il Seminario vicentino ed egli rientra a Parenzo, dove nel 28 maggio del 1944 viene ordinato sacerdote per mano del vescovo Radossi. Dopo una breve permanenza a Parenzo, viene trasferito a Visinada. Studiare musica in anni come quelli, in un’Istria tagliata fuori dal mondo, era un’impresa eroica. Funzionavano, come potevano, solo le poste, del cui servizio usufruisce per inviare i suoi compiti a Illersberg, mentre per le lezioni di pianoforte approfitta del maestro Augusto Zuliani di Parenzo. Così sino all’annessione dell’Istria alla Jugoslavia. Per finire gli studi e per sostenere gli esami al Conservatorio é costretto a lasciare la sua terra (aprile 1947), trasferendosi a Trieste. Viene assegnato alla parrocchia di Sant’Antonio Vecchio, con l’obbligo di occuparsi del coro. Dopo l’esame del corso medio di composizione (autunno 1949), essendo Illersberg impegnato nell’allestimento del suo Trittico, passa alla scuola di Vito Levi, che lo accoglie affettuosamente preparandolo al diploma di composizione, sostenuto brillantemente, sotto la presidenza di Franco Alfano (ottobre 1950) nel conservatorio di Pesaro. In quello stesso anno inizia ad insegnare nel nuovo Seminario di Trieste e nella Scuola Diocesana di musica sacra. Nell’estate del 1952 frequenta l’Accademia Chigiana di Siena nel Corso di perfezionamento tenuto da Vito Frazzi e F. Lavagnino.

Ha così inizio, incoraggiato dagli ambienti musicali triestini, l’attività di Radole come compositore e musicologo. Luigi Toffolo esegue la sua Missa “Credo in unum Deum” a 4 voci ed organo, che ottenne una critica assai favorevole da parte di Vittorio Tranquilli. Nel 1958 vince il primo premio ad un concorso della Società di Minerva con uno studio sulla musica a Trieste nel Cinque e Seicento. S’interessa pure del liutista Giacomo Gorzanis, sul quale tiene una relazione a Vienna, in occasione del “Mozartjahr” nel 1955 e che in seguito lo porterà a scrivere un fortunato manuale su Liuto, chitarra e vihuela (1979) tradotto in spagnolo (1982) e riedito nel 1986. A Vienna riscuote la stima di alcuni musicologi lì presenti, come Guglielmo Barblan, che lo invita a collaborare per le voci triestine dell’Enciclopedia Ricordi. Negli anni Ottanta scriverà alcune voci per il Dizionario Biografico degli Italiani e per l’Enciclopedia tedesca M.G.G.

In occasione del Congresso di musica sacra di Parigi (1957) fa amicizia con Siro Cisilino della Fondazione “G. Cini” di Venezia. Conosce pure Pellegrino Ernetti e Giuseppe Biella, che lo invitano a scrivere, il primo, sulla rivista “Jucunda laudatio” e, il secondo, su “Musica Sacra” di Milano. Prende ancora ad occuparsi di organologia in seguito alla conoscenza del trentino Renato Lunelli, il più autorevole organolo italiano, che l’esorta a fare delle ricerche sugli organi in Istria e a Trieste, ricerche che sfociano in una serie di saggi prodotti per la rivista “L’Organo” e poi raccolti in due volumi separati.

Nel 1957 entra nel Conservatorio di Trieste come insegnante di armonia: ne uscirà per limiti di età nel 1986. Anche il folklore istriano occupa una parte essenziale nella ricca produzione di Radole. Il celebre folklorista e professore all’Università di Roma Toschi include nella prestigiosa collana di “Lares” due massicce raccolte di Canti popolari istriani, che riscossero le lodi dell’indimenticabile Giuseppe Vidossi. Più tardivo l’apprezzamento di due antologie di “Fiabe istriane”. Ebbe invece un alto gradimento la rubrica “Parola data no torna più indrio” di proverbi istriani, messa in onda da Radio Trieste, come pure la serie di canti popolari istriani, in veste corale. Apprezzati anche i molti articoli folkloristici “Lunario istriano”, usciti sulla “Voce Giuliana”. Nel 1984, stampato da Zanibon di Padova, esce uno studio sulla letteratura organistica, che non ha eguali in campo nazionale, e di cui sta per uscire, presso Carrara di Bergamo, la seconda edizione. Seguono altre opere sulla Cappella Civica, sulle Scuole musicali a Trieste, due volumi sulla vita musicale triestina dal 1750 ai nostri giorni.

Nel 1968 il Comune di Trieste affida a Radole, su designazione di Luigi Toffolo, la direzione della Cappella Civica di San Giusto, lasciata al 65° anno di età. Per la Cappella egli compone molte musiche, librandosi tra canto gregoriano e musica contemporanea; concerta e dirige una vastissima rosa di opere attinenti al repertorio sacro, dal canto gregoriano a Palestrina, Lasso e Hassler, per seguire con lavori del Settecento, Albrechtsberger, Haydn, Mozart, dell’età romantica Cherubini, Liszt, Franck, Bruckner, Dvorak per concludere con i moderni e contemporanei Janacek, Kodaly, Britten, Langlais. Non ha dimenticato neanche i maestri locali: Zuccoli, Toniutti, Tomé, Viozzi, il quale, in particolare, gli scrisse la Messa Santa Eufemia (1980). Di quest’ultimo, per onorare una lunga amicizia, ha scritto la biografia, pubblicandone pure un’antologia di scritti. A Radole si deve il restauro dell’organo di San Giusto (1956) sul quale, nell’ambito del Settembre Musicale Triestino si continua a tenere una serie fortunata di concerti organistici. Spesso é stato chiamato a far parte di Giurie di concorso, come nel 1962 al Concorso internazionale di canto corale “C.A. Seghizzi” di Gorizia, del quale é stato per molti anni anche membro della Commissione artistica, svolgendo anche delle relazioni per i Convegni che lo affiancano.

Sue musiche sono state pubblicate dalla Casa editrice Carrara di Bergamo, dalla Casimiri di Roma, dalla AISC di Roma, dalla Musica Sacra di Milano, dalla A. Bank di Amsterdam, ecc. Sono state altresì pubblicate molte trascrizioni di musiche: Valerj, Spergher, Pescetti, Antico, Geminiani, ecc. Nel 1987 gli viene conferita l’onorificenza di cavaliere al merito della Repubblica Italiana, mentre il Comune di Trieste, nel 1993, per meriti culturali e musicali, gli assegna il Sigillo Trecentesco. Ancora oggi, don Radole continua, con buona lena, a lavorare sui temi da sempre a lui cari: musica e folklore.

Giuseppe Radole… in un fortunato saggio dedicato alla chitarra scrive:”…la chitarra risulta in definitiva uno strumento vivo: entra a far parte degli strumenti che si studiano nei conservatori, dove si preparano nuove generazioni di interpreti, e d’altra parte continua a godere del favore di molti dilettanti, per sostenere il canto popolare o accompagnare la danza”.

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Inizia anche a coltivare la sua passione per la musica, tanto che già a quattordici anni può dirigere la corale del Seminario. Intrattiene pure una breve corrispondenza con Raffele Casimiri, che lo incoraggia a proseguire, e si avvicina, per lo studio dell’armonia, al maestro chersino P. Bernardino Rizzi, geniale compositore di musica sacra e sinfonica. Nel 1940 passa, per la formazione teologica, nel Seminario Centrale di Gorizia. Ma già l’anno dopo rientra a Capodistria come assistente e con mansioni di direttore di coro, iniziando la sua decisiva formazione musicale. Può, infatti, recarsi a Trieste alla scuola di composizione di Antonio Illersberg e a quella di pianoforte e canto gregoriano di Carlo Tomé. Le difficoltà incontrate dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 lo portano nel Seminario di Vicenza, dove conosce e frequenta mons. Ernesto Dalla Libera, personaggio eccezionale, e, l’allora giovanissimo suo nipote, Sandro, col quale manterrà fecondi rapporti di collaborazione. Ma la guerra, con i suoi martellanti bombardamenti, fa chiudere il Seminario vicentino ed egli rientra a Parenzo, dove nel 28 maggio del 1944 viene ordinato sacerdote per mano del vescovo Radossi. Dopo una breve permanenza a Parenzo, viene trasferito a Visinada. Studiare musica in anni come quelli, in un’Istria tagliata fuori dal mondo, era un’impresa eroica. Funzionavano, come potevano, solo le poste, del cui servizio usufruisce per inviare i suoi compiti a Illersberg, mentre per le lezioni di pianoforte approfitta del maestro Augusto Zuliani di Parenzo. Così sino all’annessione dell’Istria alla Jugoslavia. Per finire gli studi e per sostenere gli esami al Conservatorio é costretto a lasciare la sua terra (aprile 1947), trasferendosi a Trieste. Viene assegnato alla parrocchia di Sant’Antonio Vecchio, con l’obbligo di occuparsi del coro. Dopo l’esame del corso medio di composizione (autunno 1949), essendo Illersberg impegnato nell’allestimento del suo Trittico, passa alla scuola di Vito Levi, che lo accoglie affettuosamente preparandolo al diploma di composizione, sostenuto brillantemente, sotto la presidenza di Franco Alfano (ottobre 1950) nel conservatorio di Pesaro. In quello stesso anno inizia ad insegnare nel nuovo Seminario di Trieste e nella Scuola Diocesana di musica sacra. Nell’estate del 1952 frequenta l’Accademia Chigiana di Siena nel Corso di perfezionamento tenuto da Vito Frazzi e F. Lavagnino.

Ha così inizio, incoraggiato dagli ambienti musicali triestini, l’attività di Radole come compositore e musicologo. Luigi Toffolo esegue la sua Missa “Credo in unum Deum” a 4 voci ed organo, che ottenne una critica assai favorevole da parte di Vittorio Tranquilli. Nel 1958 vince il primo premio ad un concorso della Società di Minerva con uno studio sulla musica a Trieste nel Cinque e Seicento. S’interessa pure del liutista Giacomo Gorzanis, sul quale tiene una relazione a Vienna, in occasione del “Mozartjahr” nel 1955 e che in seguito lo porterà a scrivere un fortunato manuale su Liuto, chitarra e vihuela (1979) tradotto in spagnolo (1982) e riedito nel 1986. A Vienna riscuote la stima di alcuni musicologi lì presenti, come Guglielmo Barblan, che lo invita a collaborare per le voci triestine dell’Enciclopedia Ricordi. Negli anni Ottanta scriverà alcune voci per il Dizionario Biografico degli Italiani e per l’Enciclopedia tedesca M.G.G.

In occasione del Congresso di musica sacra di Parigi (1957) fa amicizia con Siro Cisilino della Fondazione “G. Cini” di Venezia. Conosce pure Pellegrino Ernetti e Giuseppe Biella, che lo invitano a scrivere, il primo, sulla rivista “Jucunda laudatio” e, il secondo, su “Musica Sacra” di Milano. Prende ancora ad occuparsi di organologia in seguito alla conoscenza del trentino Renato Lunelli, il più autorevole organolo italiano, che l’esorta a fare delle ricerche sugli organi in Istria e a Trieste, ricerche che sfociano in una serie di saggi prodotti per la rivista “L’Organo” e poi raccolti in due volumi separati.

Nel 1957 entra nel Conservatorio di Trieste come insegnante di armonia: ne uscirà per limiti di età nel 1986. Anche il folklore istriano occupa una parte essenziale nella ricca produzione di Radole. Il celebre folklorista e professore all’Università di Roma Toschi include nella prestigiosa collana di “Lares” due massicce raccolte di Canti popolari istriani, che riscossero le lodi dell’indimenticabile Giuseppe Vidossi. Più tardivo l’apprezzamento di due antologie di “Fiabe istriane”. Ebbe invece un alto gradimento la rubrica “Parola data no torna più indrio” di proverbi istriani, messa in onda da Radio Trieste, come pure la serie di canti popolari istriani, in veste corale. Apprezzati anche i molti articoli folkloristici “Lunario istriano”, usciti sulla “Voce Giuliana”. Nel 1984, stampato da Zanibon di Padova, esce uno studio sulla letteratura organistica, che non ha eguali in campo nazionale, e di cui sta per uscire, presso Carrara di Bergamo, la seconda edizione. Seguono altre opere sulla Cappella Civica, sulle Scuole musicali a Trieste, due volumi sulla vita musicale triestina dal 1750 ai nostri giorni.

Nel 1968 il Comune di Trieste affida a Radole, su designazione di Luigi Toffolo, la direzione della Cappella Civica di San Giusto, lasciata al 65° anno di età. Per la Cappella egli compone molte musiche, librandosi tra canto gregoriano e musica contemporanea; concerta e dirige una vastissima rosa di opere attinenti al repertorio sacro, dal canto gregoriano a Palestrina, Lasso e Hassler, per seguire con lavori del Settecento, Albrechtsberger, Haydn, Mozart, dell’età romantica Cherubini, Liszt, Franck, Bruckner, Dvorak per concludere con i moderni e contemporanei Janacek, Kodaly, Britten, Langlais. Non ha dimenticato neanche i maestri locali: Zuccoli, Toniutti, Tomé, Viozzi, il quale, in particolare, gli scrisse la Messa Santa Eufemia (1980). Di quest’ultimo, per onorare una lunga amicizia, ha scritto la biografia, pubblicandone pure un’antologia di scritti. A Radole si deve il restauro dell’organo di San Giusto (1956) sul quale, nell’ambito del Settembre Musicale Triestino si continua a tenere una serie fortunata di concerti organistici. Spesso é stato chiamato a far parte di Giurie di concorso, come nel 1962 al Concorso internazionale di canto corale “C.A. Seghizzi” di Gorizia, del quale é stato per molti anni anche membro della Commissione artistica, svolgendo anche delle relazioni per i Convegni che lo affiancano.

Sue musiche sono state pubblicate dalla Casa editrice Carrara di Bergamo, dalla Casimiri di Roma, dalla AISC di Roma, dalla Musica Sacra di Milano, dalla A. Bank di Amsterdam, ecc. Sono state altresì pubblicate molte trascrizioni di musiche: Valerj, Spergher, Pescetti, Antico, Geminiani, ecc. Nel 1987 gli viene conferita l’onorificenza di cavaliere al merito della Repubblica Italiana, mentre il Comune di Trieste, nel 1993, per meriti culturali e musicali, gli assegna il Sigillo Trecentesco. Ancora oggi, don Radole continua, con buona lena, a lavorare sui temi da sempre a lui cari: musica e folklore.

Giuseppe Radole… in un fortunato saggio dedicato alla chitarra scrive:”…la chitarra risulta in definitiva uno strumento vivo: entra a far parte degli strumenti che si studiano nei conservatori, dove si preparano nuove generazioni di interpreti, e d’altra parte continua a godere del favore di molti dilettanti, per sostenere il canto popolare o accompagnare la danza”.

Radole si spense a Trieste il 1° dicembre 2007.

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