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Respighi, Ottorino
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Ottorino Respighi nacque a Bologna il 9 luglio 1879 da Ersilia Putti (?-?) e Giuseppe (1840-1923). Quest’ultimo si divise tra la professione di impiegato alle poste e la carriera musicale: pianista, svolse attività concertistica e fu un apprezzato insegnante. Avvicinatosi alla musica all’età di otto anni, Ottorino ricevette dal padre i rudimenti della tecnica pianistica. Intraprese allo stesso tempo lo studio del violino. Nel 1923, al termine degli studi presso il Ginnasio «Guido Guinizelli», si iscrisse al Liceo musicale: studiò violino e viola con Federico Sarti (1858-1921), contrappunto e fuga con Cesare Dall’Olio (1849-1906) e composizione con Luigi Torchi (1858-1920), dal quale assimilò l’interesse per la riscoperta della musica del diciassettesimo e diciottesimo secolo, e Giuseppe Martucci (1856-1909). Nel 1899 conseguì il diploma di violino ed entrò a far parte dell’orchestra del Teatro Comunale. Sul finire del 1900 lasciò il posto per assumere la posizione di prima viola nell’orchestra del teatro Mariinskij di Pietroburgo. In Russia approfondì lo studio della composizione con Nikolaj Rimskij-Korsakov. Rientrato a Bologna, nel 1901 ottenne il relativo diploma. Nella città natale tra il 1903 e il 1910 tornò a occupare il posto di violinista presso l’orchestra del Teatro Comunale, e dal 1906 entrò a far parte, alla viola, del Quintetto Mugellini. Si specializzò nell’impiego della viola d’amore, con cui svolse attività solistica. Lavorò inoltre come pianista accompagnatore di cantanti: collaborò in particolare con Chiarina Fino-Savio, amica e interprete delle sue prime prove nel genere della lirica per canto e pianoforte. Si dedicò all’attività di trascrittore e revisore di musiche antiche, portando alla luce un repertorio in gran parte sconosciuto. Frequentò il Cenacolo delle Beffe, circolo di intellettuali radunatisi intorno all’editore musicale Francesco Bongiovanni, presso il quale pubblicò gran parte delle prime composizioni. Tra il 1808 e il 1809 fu a Berlino, ingaggiato come pianista accompagnatore per la scuola di canto del soprano Etelka Gardini Gestner (1857-1920). Presso la Capitale tedesca entrò in contatto con Ferruccio Busoni, Max Bruch (1838-1920), Ignacy Paderewski (1860-1941), Bruno Walter (1876-1962), Enrico Caruso, e presentò la revisione del Lamento d’Arianna di Claudio Monteverdi – composizione allora ignota – nell’esecuzione dei Berliner Philharmoniker diretti da Arthur Nikisch. Nuovamente a Bologna, nel 1910 mise in scena presso il Teatro Comunale il poema tragico Semirâma, su testo di Alessandro Cerè. Nel 1911 rilevò la cattedra di composizione che era stata di Torchi al Liceo musicale, e nel 1913 passò a quella di armonia e contrappunto presso la Regia Accademia di S. Cecilia di Roma. Qui ebbe tra i suoi allievi i compositori Daniele Amfitheatrov (1901-1983), Carlo Alberto Pizzini (1905-1981), Ennio Porrino (1910-1959), Gianluca Tocchi (1901-1992), Vittorio Rieti (1898-1994); i direttori d’orchestra Antonio Pedrotti (1901-1975), Mario Rossi (1902-1992); il pianista Pietro Scarpini (1911-1997), l’organista Fernando Germani (1906-1998), il critico Mario Labroca (1896-1973). Strinse rapporti di amicizia e collaborazione con il direttore Bernardino Molinari (1880-1952) e il musicologo Sebastiano Arturo Luciani (1884-1950); insieme a quest’ultimo scrisse il testo didattico Orpheus. Iniziazione musicale, pubblicato nel 1925. Dal 1915 su incarico della Ricordi curò una pionieristica edizione di trascrizioni di musiche antiche. Nello stesso filone compose le tre serie di Antiche arie e danze per liuto P 109, 138, 172, presentate nel 1917, 1923 e 1931. Nel 1917 compose il poema sinfonico Le fontane di Roma P 106, che portò la sua produzione originale all’attenzione del panorama musicale. Sulla falsariga di quello seguirono I pini di Roma P 141 nel 1924 e Feste romane P 157 nel 1929.
Nel gennaio 1919 Respighi sposò l’allieva Elsa Olivieri Sangiacomo (1894-1996), compositrice, pianista e cantante. Nello stesso anno e in quello successivo collaborò con i Ballets Russes di Sergej Djagilev (1872-1929): rispettivamente con i balletti La Boutique fantasque P 120 su temi di Gioachino Rossini e la rielaborazione di Le astuzie femminili di Domenico Cimarosa. Nella primavera del 1923 presentò al Teatro «alla Scala» di Milano la commedia lirica Belfagor su testo di Claudio Guastalla (1880-1948), da quell’occasione suo librettista abituale. Tra il 1924 e il 1926 assunse la direzione dell’Accademia di S. Cecilia. Nel 1932 fu nominato accademico d’Italia. In quell’anno, inoltre, aderì come primo firmatario al Manifesto di musicisti italiani per la tradizione dell’arte romantica dell’800, sottoscritto in seguito da Ildebrando Pizzetti (1880-1968), Alceo Toni (1884-1969), Giuseppe Mulè (1885-1951). L’atteggiamento marcatamente tradizionalista, di rifiuto verso le correnti musicale più moderne, del documento provocò le reazioni polemiche di Alfredo Casella e Gian Francesco Malipiero. Altri contrasti sorsero, in particolare con Arturo Toscanini, intorno alla revisione dell’Orfeo di Monteverdi che Respighi presentò al Teatro «alla Scala» nel 1935.
Respighi morì di endocardite nella sua residenza romana il 18 aprile 1936, lasciando incompiuta l’opera Lucrezia su libretto di Guastalla, completata dalla vedova Elsa e rappresentata sul palcoscenico scaligero nel 1937.
Nel catalogo di Respighi si segnalano, oltre alle composizioni già citate, la Ballata delle gnomidi P 124 (1914), il Trittico botticelliano P 151 (1927), Gli uccelli P 154 (1928), le Impressioni brasiliane P 153 (1928) per orchestra; il Poema autunnale per violino e orchestra (senza numero di catalogo), il Concerto in modo misolidio per pianoforte e orchestra P 145 (entrambi del 1925), la Toccata per pianoforte e orchestra P 156 (1928), il Concerto a cinque per oboe, tromba, violino, contrabbasso, pianoforte e archi P 174 (1933); la Sonata per violino e pianoforte P 110 (1917); le opere La campana sommersa P 152 (1926), Maria Egiziaca P 170 (1931) La fiamma, P 175 (1933), tutte su libretti di Guastalla; La sensitiva su testo di Percy Bisshe Shelley (1797-1822) per mezzosoprano e orchestra P 95 (1915), La primavera per solo, coro, orchestra e organo (1922), la Lauda per la natività del Signore su testo attribuito a Jacopone da Todi (1236 circa – 1306) per soli, coro, strumenti pastorali e pianoforte a 4 mani P 166 (1930).
Cifre stilistiche di Respighi sono ravvisabili nella predilezione per la scrittura modale, a campate regolari, chiaramente definite, come pure nel gusto per il sapore arcaicheggianti del disegno, della gestualità; e sul senso del colore accesissimo, di ardita raffinatezza, che nelle composizioni sinfoniche trova espressione in un’orchestrazione riccamente cangiante.

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Ottorino Respighi nacque a Bologna il 9 luglio 1879 da Ersilia Putti (?-?) e Giuseppe (1840-1923). Quest’ultimo si divise tra la professione di impiegato alle poste e la carriera musicale: pianista, svolse attività concertistica e fu un apprezzato insegnante. Avvicinatosi alla musica all’età di otto anni, Ottorino ricevette dal padre i rudimenti della tecnica pianistica. Intraprese allo stesso tempo lo studio del violino. Nel 1923, al termine degli studi presso il Ginnasio «Guido Guinizelli», si iscrisse al Liceo musicale: studiò violino e viola con Federico Sarti (1858-1921), contrappunto e fuga con Cesare Dall’Olio (1849-1906) e composizione con Luigi Torchi (1858-1920), dal quale assimilò l’interesse per la riscoperta della musica del diciassettesimo e diciottesimo secolo, e Giuseppe Martucci (1856-1909). Nel 1899 conseguì il diploma di violino ed entrò a far parte dell’orchestra del Teatro Comunale. Sul finire del 1900 lasciò il posto per assumere la posizione di prima viola nell’orchestra del teatro Mariinskij di Pietroburgo. In Russia approfondì lo studio della composizione con Nikolaj Rimskij-Korsakov. Rientrato a Bologna, nel 1901 ottenne il relativo diploma. Nella città natale tra il 1903 e il 1910 tornò a occupare il posto di violinista presso l’orchestra del Teatro Comunale, e dal 1906 entrò a far parte, alla viola, del Quintetto Mugellini. Si specializzò nell’impiego della viola d’amore, con cui svolse attività solistica. Lavorò inoltre come pianista accompagnatore di cantanti: collaborò in particolare con Chiarina Fino-Savio, amica e interprete delle sue prime prove nel genere della lirica per canto e pianoforte. Si dedicò all’attività di trascrittore e revisore di musiche antiche, portando alla luce un repertorio in gran parte sconosciuto. Frequentò il Cenacolo delle Beffe, circolo di intellettuali radunatisi intorno all’editore musicale Francesco Bongiovanni, presso il quale pubblicò gran parte delle prime composizioni. Tra il 1808 e il 1809 fu a Berlino, ingaggiato come pianista accompagnatore per la scuola di canto del soprano Etelka Gardini Gestner (1857-1920). Presso la Capitale tedesca entrò in contatto con Ferruccio Busoni, Max Bruch (1838-1920), Ignacy Paderewski (1860-1941), Bruno Walter (1876-1962), Enrico Caruso, e presentò la revisione del Lamento d’Arianna di Claudio Monteverdi – composizione allora ignota – nell’esecuzione dei Berliner Philharmoniker diretti da Arthur Nikisch. Nuovamente a Bologna, nel 1910 mise in scena presso il Teatro Comunale il poema tragico Semirâma, su testo di Alessandro Cerè. Nel 1911 rilevò la cattedra di composizione che era stata di Torchi al Liceo musicale, e nel 1913 passò a quella di armonia e contrappunto presso la Regia Accademia di S. Cecilia di Roma. Qui ebbe tra i suoi allievi i compositori Daniele Amfitheatrov (1901-1983), Carlo Alberto Pizzini (1905-1981), Ennio Porrino (1910-1959), Gianluca Tocchi (1901-1992), Vittorio Rieti (1898-1994); i direttori d’orchestra Antonio Pedrotti (1901-1975), Mario Rossi (1902-1992); il pianista Pietro Scarpini (1911-1997), l’organista Fernando Germani (1906-1998), il critico Mario Labroca (1896-1973). Strinse rapporti di amicizia e collaborazione con il direttore Bernardino Molinari (1880-1952) e il musicologo Sebastiano Arturo Luciani (1884-1950); insieme a quest’ultimo scrisse il testo didattico Orpheus. Iniziazione musicale, pubblicato nel 1925. Dal 1915 su incarico della Ricordi curò una pionieristica edizione di trascrizioni di musiche antiche. Nello stesso filone compose le tre serie di Antiche arie e danze per liuto P 109, 138, 172, presentate nel 1917, 1923 e 1931. Nel 1917 compose il poema sinfonico Le fontane di Roma P 106, che portò la sua produzione originale all’attenzione del panorama musicale. Sulla falsariga di quello seguirono I pini di Roma P 141 nel 1924 e Feste romane P 157 nel 1929.
Nel gennaio 1919 Respighi sposò l’allieva Elsa Olivieri Sangiacomo (1894-1996), compositrice, pianista e cantante. Nello stesso anno e in quello successivo collaborò con i Ballets Russes di Sergej Djagilev (1872-1929): rispettivamente con i balletti La Boutique fantasque P 120 su temi di Gioachino Rossini e la rielaborazione di Le astuzie femminili di Domenico Cimarosa. Nella primavera del 1923 presentò al Teatro «alla Scala» di Milano la commedia lirica Belfagor su testo di Claudio Guastalla (1880-1948), da quell’occasione suo librettista abituale. Tra il 1924 e il 1926 assunse la direzione dell’Accademia di S. Cecilia. Nel 1932 fu nominato accademico d’Italia. In quell’anno, inoltre, aderì come primo firmatario al Manifesto di musicisti italiani per la tradizione dell’arte romantica dell’800, sottoscritto in seguito da Ildebrando Pizzetti (1880-1968), Alceo Toni (1884-1969), Giuseppe Mulè (1885-1951). L’atteggiamento marcatamente tradizionalista, di rifiuto verso le correnti musicale più moderne, del documento provocò le reazioni polemiche di Alfredo Casella e Gian Francesco Malipiero. Altri contrasti sorsero, in particolare con Arturo Toscanini, intorno alla revisione dell’Orfeo di Monteverdi che Respighi presentò al Teatro «alla Scala» nel 1935.
Respighi morì di endocardite nella sua residenza romana il 18 aprile 1936, lasciando incompiuta l’opera Lucrezia su libretto di Guastalla, completata dalla vedova Elsa e rappresentata sul palcoscenico scaligero nel 1937.
Nel catalogo di Respighi si segnalano, oltre alle composizioni già citate, la Ballata delle gnomidi P 124 (1914), il Trittico botticelliano P 151 (1927), Gli uccelli P 154 (1928), le Impressioni brasiliane P 153 (1928) per orchestra; il Poema autunnale per violino e orchestra (senza numero di catalogo), il Concerto in modo misolidio per pianoforte e orchestra P 145 (entrambi del 1925), la Toccata per pianoforte e orchestra P 156 (1928), il Concerto a cinque per oboe, tromba, violino, contrabbasso, pianoforte e archi P 174 (1933); la Sonata per violino e pianoforte P 110 (1917); le opere La campana sommersa P 152 (1926), Maria Egiziaca P 170 (1931) La fiamma, P 175 (1933), tutte su libretti di Guastalla; La sensitiva su testo di Percy Bisshe Shelley (1797-1822) per mezzosoprano e orchestra P 95 (1915), La primavera per solo, coro, orchestra e organo (1922), la Lauda per la natività del Signore su testo attribuito a Jacopone da Todi (1236 circa – 1306) per soli, coro, strumenti pastorali e pianoforte a 4 mani P 166 (1930).
Cifre stilistiche di Respighi sono ravvisabili nella predilezione per la scrittura modale, a campate regolari, chiaramente definite, come pure nel gusto per il sapore arcaicheggianti del disegno, della gestualità; e sul senso del colore accesissimo, di ardita raffinatezza, che nelle composizioni sinfoniche trova espressione in un’orchestrazione riccamente cangiante.

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Nel gennaio 1919 Respighi sposò l’allieva Elsa Olivieri Sangiacomo (1894-1996), compositrice, pianista e cantante. Nello stesso anno e in quello successivo collaborò con i Ballets Russes di Sergej Djagilev (1872-1929): rispettivamente con i balletti La Boutique fantasque P 120 su temi di Gioachino Rossini e la rielaborazione di Le astuzie femminili di Domenico Cimarosa. Nella primavera del 1923 presentò al Teatro «alla Scala» di Milano la commedia lirica Belfagor su testo di Claudio Guastalla (1880-1948), da quell’occasione suo librettista abituale. Tra il 1924 e il 1926 assunse la direzione dell’Accademia di S. Cecilia. Nel 1932 fu nominato accademico d’Italia. In quell’anno, inoltre, aderì come primo firmatario al Manifesto di musicisti italiani per la tradizione dell’arte romantica dell’800, sottoscritto in seguito da Ildebrando Pizzetti (1880-1968), Alceo Toni (1884-1969), Giuseppe Mulè (1885-1951). L’atteggiamento marcatamente tradizionalista, di rifiuto verso le correnti musicale più moderne, del documento provocò le reazioni polemiche di Alfredo Casella e Gian Francesco Malipiero. Altri contrasti sorsero, in particolare con Arturo Toscanini, intorno alla revisione dell’Orfeo di Monteverdi che Respighi presentò al Teatro «alla Scala» nel 1935.
Respighi morì di endocardite nella sua residenza romana il 18 aprile 1936, lasciando incompiuta l’opera Lucrezia su libretto di Guastalla, completata dalla vedova Elsa e rappresentata sul palcoscenico scaligero nel 1937.
Nel catalogo di Respighi si segnalano, oltre alle composizioni già citate, la Ballata delle gnomidi P 124 (1914), il Trittico botticelliano P 151 (1927), Gli uccelli P 154 (1928), le Impressioni brasiliane P 153 (1928) per orchestra; il Poema autunnale per violino e orchestra (senza numero di catalogo), il Concerto in modo misolidio per pianoforte e orchestra P 145 (entrambi del 1925), la Toccata per pianoforte e orchestra P 156 (1928), il Concerto a cinque per oboe, tromba, violino, contrabbasso, pianoforte e archi P 174 (1933); la Sonata per violino e pianoforte P 110 (1917); le opere La campana sommersa P 152 (1926), Maria Egiziaca P 170 (1931) La fiamma, P 175 (1933), tutte su libretti di Guastalla; La sensitiva su testo di Percy Bisshe Shelley (1797-1822) per mezzosoprano e orchestra P 95 (1915), La primavera per solo, coro, orchestra e organo (1922), la Lauda per la natività del Signore su testo attribuito a Jacopone da Todi (1236 circa – 1306) per soli, coro, strumenti pastorali e pianoforte a 4 mani P 166 (1930).
Cifre stilistiche di Respighi sono ravvisabili nella predilezione per la scrittura modale, a campate regolari, chiaramente definite, come pure nel gusto per il sapore arcaicheggianti del disegno, della gestualità; e sul senso del colore accesissimo, di ardita raffinatezza, che nelle composizioni sinfoniche trova espressione in un’orchestrazione riccamente cangiante.

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