La seconda uscita della label SZ Sugar: SPIRALIS AUREA di Stefano Pilia
Scopriamo, tramite le parole dello stesso compositore, l’idea dietro SPIRALIS AUREA: <<SPIRALIS AUREA è un insieme di composizioni a quattro parti concepite per organici variabili o non specificati. Le idee generative mirano a realizzare forme musicali i cui principi strutturali e formali siano determinati da numeri e rapporti di particolari serie numeriche – Fibonacci in particolare -, da certa numerologia e da figure geometriche di particolare rilevanza simbolica. C’è il desiderio di indagare e di scoprire possibili aspetti archetipici qualitativi legati a certi numeri, a certi movimenti e a forme connesse ai loro rapporti all’interno di un contesto strettamente tonale.
Il principio generativo è sempre quindi inteso come un “motore immobile” per il quale e attraverso il quale la forma musicale deriva come conseguenza di un processo in atto, algoritmico, isomorfo e
sistematico ed è allo stesso tempo intesa come possibile manifestazione o rappresentazione di contenuti archetipici attraverso una metodologia di riscoperta delle proprietà armoniche e numerologiche presenti all’interno dei rapporti tonali e in senso più ampio della tonalità.
L’obiettivo principale dei miei lavori in questi anni di pratica artistica non è mai stato incentrato necessariamente sulla ricerca del “nuovo”, ma piuttosto sul tentativo di creare un discorso musicale in grado di offrire un’esperienza di ascolto attivo e di relazione con possibili rappresentazioni archetipiche (da una prospettiva mito-narrativa o numerica). Questa, con declinazioni ovviamente diverse – e probabilmente anche con ingenuità -, è stata l’unica costante sempre presente nelle mie produzioni musicali.
Non è invece altrettanto semplice e chiaro elaborare ed esprimere quali siano le motivazioni più intime e personali che hanno portato alla realizzazione di questo lavoro. Certamente, in restrospettiva, vedo tracce ed indizi di ciò attraversare diversi momenti biografici della mia vita, e l’affiorare anche nei precedenti lavori al tendere verso una tale configurazione. Tuttavia sotto molti punti di vista trovo che questo ultimo passaggio rappresenti inevitabilmente l’inizio di un nuovo ciclo nella mia produzione artistica.
A differenza dei lavori precedenti Il discorso musicale non è più generato da una relazione sensoriale con il suono. Che si trattasse del rapporto tattile e gestuale con il mio strumento, la chitarra, financo più in generale alle suggestioni immaginifiche tratte dall’esperienza acustica e acusmatica poi successivamente tradotte in un processo compositivo, la musica era sempre “estratta” o “liberata” dalla materia sonora. Spesso era proprio la materia sonora stessa a indicare o a privilegiare una direzione. Sempre a posteriori potevo poi “leggervi” un metaracconto e quindi l’opera o il brano trovavano così un loro titolo.
Qui la musica è invece prima “vista” che “udita”. Sempre più mi sono avvicinato al contemplare un’ idea sottraendomi dal gesto sonoro, sperando forse che questo “togliermi” un po’ più dalla musica e l’operare in questa direzione lasciassero più spazio all’ascolto e all’ascoltatore.
Così la forma ha reclamato tutte la sue necessità.
In questo senso è stata epifanica la visita al cimitero Germanico costruito sul passo della Futa al confine tra Toscana ed Emilia Romagna: un’ opera di architettura “attraversata” da pensieri sul paesaggio, sulla storia, sui simboli, sul rito. Un’opera in cui estetica ed etica cooperano assieme nel mantenere viva la memoria ed inevitabilmente offrire una riflessione sulla vita e sulla morte. Una preghiera per i vivi e per i morti. Mi sono chiesto e mi chiedo tutt’ora se non siano semplicemente forse questi stessi i motivi a muovere anche le mie motivazioni più intime e personali e il senso del mio operare, cioè niente più che una inevitabile e profonda necessità umana di avvicinarsi un po’ di più alla comprensione di tali questioni.>>